Prendo l’autobus da sola per andare al parco
Bauciao amici, è una giornata un po’ fredda, oggi, a Seattle, ma questo non mi fermerà dalla mia quotidiana uscita per andare a trovare i miei amici al dog park. Certo, preferisco quando c’è un po’ di sole, anche perché, chissà come, le persone che incontro sull’autobus sono sempre più di buon umore in quel caso, ma per me non fa molta differenza. Mi piace l’aria frizzantina che i punge il naso e poi, appena arrivo al parco, mi scaldo correndo e giocando con gli altri miei amici a quattro zampe. Quando piove, poi, che qui a Seattle capita di frequente, c’è sempre qualcuno che indossa un cappottino o un impermeabile colorato, ed è bello interpretare quei vestiti come segnali dell’attenzione che gli amici bipedi dedicano ai miei compagni di giochi, anche se io non voglio nessun cappottino… e poi Seattle è una delle città più dog friendly del mondo, possiamo andare praticamente ovunque e siamo benvenuti.
Mio papà Jeff oggi non mi accompagnerà, anche lui preferisce il sole e oggi se ne starà in casa al caldo. Magari mi farà una sorpresa e mi verrà a prendere tra un po’, ma non è un problema, perché l’autobus ormai lo prendo da sola, sia all’andata sia al ritorno, magari a casa aggiornerà la mia pagina facebook. Che, poi, “da sola” non è proprio il termine corretto, perché ormai mi conoscono tutti e c’è sempre qualche bipede simpatico che mi fa compagnia. Dirò la verità: giocare al parco con i miei amici è il massimo, però il viaggio in autobus è uno dei momenti che preferisco in assoluto. La fermata non è molto distante da casa e mi piace trotterellare con calma e mettermi seduta sul marciapiede ad aspettare che l’autobus arrivi. Ogni tanto capita che il bus faccia ritardo e vedo che i bipedi intorno a me iniziano a sbuffare e spazientirsi. Per me non cambia molto, tanto prima o poi al parco ci arrivo, però ho capito che se c’è qualcuno particolarmente impaziente, alzarmi a andargli vicino accoccolandomi ai suoi piedi funziona sempre. Le persone si calmano, mi fanno qualche carezza e per un attimo dimenticano la fretta di arrivare.
Ormai mi conoscono tutti, qui a Seattle, su questo tratto di percorso, e non ce n’è uno che non sia contento di vedermi e non manchi di farmi le feste. Spesso mi sento chiamare: “Eclipse, ciao, come stai!?”. “Eclipse, vieni qui a darmi un bacio!”. “Eclipse, hai fatto colazione?”.
Sulla colazione, devo dire che il problema non sussiste: mio papà non mi fa mai mancare nulla e quando sa che vado al parco, non manca di darmi un po’ più di cibo per assicurarsi che sia in forza per scorrazzare con i miei amici tutto il tempo che voglio. Ma se anche mi rimanesse un po’ di fame, sull’autobus e alla fermata c’è sempre qualcuno che mi offre qualcosa: un pezzo della sua brioches, un sorso di acqua, qualche briciola di un panino… A volte, diciamocelo, mangio solo per gentilezza, perché non ho più molta fame, ma mi dispiace far rimanere male le persone che sono gentili con me, quindi non mi tiro indietro. Io, comunque, sono molto contenta di tutto questo, perché mi pare di avere un sacco di amici che si prendono cura di me e, soprattutto, a cui io posso regalare un sorriso e un momento di spensieratezza, anche durante le giornate che sembrano essere nate storte.
Gli autisti, invece, mi sembrano sempre allegri. Non ce n’è uno che non mi faccia un bel sorriso quando mi vede salire sul bus o che non mi saluti quando scendo arrivata alla fermata del parco. A volte è capitato che mi assopisco un attimo durante il tragitto e l’autista ha aspettato qualche secondo di più arrivato alla fermata, per essere sicuro che mi fossi accorta di essere arrivata e di dover scendere.
Per quanto riguarda il biglietto non c’è problema, perché mio papà Jeff mi ha preso un abbonamento che porto sempre con me, legato a una catenella. Non che ce ne sia bisogno, ormai, perché tutti mi conoscono e anche le autorità sanno che quando vado e torno dal parco, da sola, il biglietto ce l’ho, problemi non ne creo, e la strada la conosco bene.
Poi ci sono le persone che incontro quasi sempre: gli studenti, soprattutto, che vanno e vengono con il telefonino sempre in mano. Quando mi vedono, però, finalmente mettono in tasca lo smartphone e si intrattengono con me: mi arruffano il pelo, mi fanno sedere accanto a loro… A volte giochiamo, altre guardiamo semplicemente la città che scorre veloce fuori dal finestrino: sono sicura che per un attimo smettono di pensare alle chat e le applicazioni e si godono il viaggio, come faccio io! Sarà che non ho il telefono, ma tutta questa attenzione per uno schermo luminoso non riesco proprio a capirla. Vuoi mettere una bella corsa al parco inseguendo una pallina? Anzi, speriamo che oggi qualcuno dei miei amici si sia ricordato di portarla, che così ci facciamo una bella partita tutti insieme e ci scaldiamo per bene.
Accidenti, con questo racconto a momenti mi sfuggiva la fermata giusta. Per fortuna che gli altri miei compagni di viaggio sanno bene dove devo scendere e si sono girati praticamente tutti a guardarmi per capire se mi fossi distratta. “Grazie mille, amici”, vi mando un paio di BAU e vi ringrazio. Ci vediamo al ritorno, quando avrò finito di giocare al parco e tornerò a casa da Jeff. Altrimenti ci vediamo domani: stesso autobus, stessa ora.
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